Sentenza n. 476 del 1995

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 476

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia riapprovata il 21 febbraio 1995 dal Consiglio regionale (Norme in materia di riorganizzazione regionale), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 21 marzo 1995, depositato in cancelleria il 27 successivo ed iscritto al n. 13 del registro ricorsi 1995. Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore Riccardo Chieppa; udito l'Avvocato dello Stato Claudio Linda per il ricorrente.

Ritenuto in fatto

1.-Con ricorso notificato il 21 marzo 1995, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia recante (Norme in materia di riorganizzazione regionale). Il Consiglio regionale, nella seduta del 21 febbraio 1995, nel riapprovare, a seguito di rinvio governativo, il testo legislativo, vi aveva apportato numerose modifiche, non tutte idonee, ad avviso del ricorrente, a superare le censure già formulate in sede di rinvio. In particolare, il combinato disposto degli articoli 28, comma 3, lettera d), 29, comma 6, e 32, della legge impugnata, nel testo risultante dalle modificazioni apportate, disciplinando concorsi speciali per il reinquadramento del personale regionale, senza che vi sia rideterminazione di uffici e piante organiche, violerebbe i principi generali in materia di accesso ai pubblici impieghi, e quelli di cui agli artt. 30, 31 e 32 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come modificato, quest'ultimo, dall'art. 8 del d.P.R. 23 febbraio 1995, n. 41 (recte: decretolegge 23 febbraio 1995, n. 41, articolo, peraltro, soppresso, in sede di conversione, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85), al pari del testo originario di cui all'art. 31. Inoltre, il combinato disposto degli artt. 29, commi 1, 2 e 3, e 28, comma 3, lettera b), violerebbe il principio di buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione, nonchè i principi generali in materia di accesso agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni e quelli di cui agli artt. 30, 31 e 32 del citato d.lgs. n. 29 del 1993 e all'art. 22 della legge n. 724 del 1994, prevedendo, come già l'art. 32, commi 1 e 2, del testo rinviato, l'immissione ope legis nei ruoli organici regionali di personale a tempo indeterminato, personale destinatario di provvedimenti giurisdizionali non meglio specificati e anche inidonei a costituire giudicato, di personale in servizio presso enti locali ai sensi della legge 1° giugno 1977, n. 285 (Provvedimenti per l'occupazione giovanile). Infine, l'art. 34, comma 1, della legge impugnata, come già l'art. 35, comma 1, del testo originario, interpretando in senso ordinatorio il termine per la presentazione dell'istanza di inquadramento nella fascia funzionale superiore, renderebbe ultrattiva una norma transitoria che dovrebbe già avere esaurito i suoi effetti, in contrasto con il principio di buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione.

2.-La Regione Puglia si è costituita nel giudizio fuori termine.

Considerato in diritto

1.-Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia recante (Norme in materia di riorganizzazione regionale), riapprovata, a seguito di rinvio governativo, a maggioranza assoluta nella seduta del 21 febbraio 1995. A giudizio del ricorrente, le modifiche apportate al testo originario della delibera impugnata avrebbero recepito solo parzialmente i rilievi governativi. In particolare, con riferimento a tre specifici motivi di rinvio, la diversa formulazione delle norme, adottata in sede di riapprovazione, non sarebbe valsa a superare le censure. Ed infatti, l'asserita illegittimità della disposizione di cui all'art. 31 del testo originario -che consentiva, in sede di prima applicazione e per posti che si rendessero disponibili nell'arco del triennio, il reinquadramento del personale regionale nella qualifica superiore mediante selezioni riservate ed anche in mancanza dei prescritti requisiti giuridici -si incentrava sulla inammissibilità di concorsi speciali riservati per contrasto con i principi generali in materia di accesso ai pubblici impieghi e con quelli di cui agli artt. 30, 31 e 32 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che prevedono l'obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di procedere alla individuazione dei propri uffici e delle piante organiche ed alla ricognizione delle vacanze di organico. Peraltro, il combinato disposto degli artt. 28, comma 3, lettera d), 29, comma 6, e 32 del testo riapprovato, disciplinando concorsi speciali per il reinquadramento del personale regionale senza che vi sia rideterminazione di uffici e piante organiche, continuerebbe a configurare aperta, anche se "mascherata", violazione dei principi sopra richiamati e, pertanto, del parametro dell'art. 117 della Costituzione, che fa riferimento ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nella materia quale limite alla potestà legislativa regionale. Inoltre, l'art. 32, commi 1 e 2, del testo originario, prevedendo l'immissione in ruolo di personale assunto a tempo indeterminato e destinatario di sentenze o provvedimenti cautelari, avrebbe determinato, secondo i rilievi governativi, incertezze di diritto, oltre a porsi in contrasto con i principi di buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. Parimenti, la previsione, contenuta nel combinato disposto degli artt. 29, commi 1, 2 e 3, e 28, comma 3, lettera b), del testo riapprovato, di immissione ope legis nei ruoli organici di personale a tempo indeterminato, di personale destinatario di provvedimenti giurisdizionali non meglio specificati e, perciò, anche inidonei a costituire giudicato, di personale in servizio presso enti locali ai sensi della legge 1° giugno 1977, n. 285, determinerebbe la violazione dei principi di buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione e di quelli in materia di accesso agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni, nonchè i principi specifici di cui agli artt. 30, 31 e 32 del d.lgs. n. 29 del 1993 e all'art. 22 della legge n. 724 del 1994. Infine, l'originario art. 35, comma 1, interpretando in senso ordinatorio il termine per la presentazione dell'istanza di inquadramento nella fascia funzionale superiore, avrebbe reso ultrattiva una norma transitoria, in contrasto, ancora una volta, con l'art. 97 della Costituzione. Ma l'art. 34, comma 1, del testo riapprovato, riconfermando, pur a seguito di rinvio, tale disposizione, persevererebbe nella violazione del richiamato principio costituzionale.

2.-La questione va dichiarata inammissibile. A partire dalla sentenza n. 158 del 1988, questa Corte ha costantemente affermato (v., da ultimo, sentenze n. 357 e n. 260 del 1995; n. 384 e n. 359 del 1994) che, ai fini dell'art. 127 della Costituzione, una legge regionale rinviata va considerata come "non nuova" in tutte le ipotesi in cui, in sede di riesame, sia stata riapprovata senza alcuna modificazione, ovvero abbia subito modificazioni che si siano limitate ad incidere sulle disposizioni oggetto del rinvio, o comunque, prive di valore prescrittivo. Nell'ipotesi inversa, in cui il legislatore regionale, in sede di riesame, abbia apportato modifiche che comportino mutamenti del significato normativo, ed inerenti (anche) a disposizioni non interessate, nè direttamente nè indirettamente, dalle osservazioni formulate dal Governo in sede di rinvio, la legge riapprovata ha carattere di "novità". Sulla base degli indicati criteri, la legge oggetto del ricorso in esame deve essere considerata come "nuova": essa, infatti, non si limita alla riformulazione delle norme oggetto del rinvio e a (diversa sistemazione della materia disciplinata), secondo l'espressione contenuta nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri che, peraltro, ha anche reiterato (tale circostanza, tuttavia, è stata sottaciuta nel corso del presente giudizio) il rinvio della legge per un nuovo esame (come risulta dalla pendenza di ricorso per conflitto di attribuzione, sollevato dalla Regione Puglia avverso l'atto di rinvio: R. Confl. n. 13 del 1995), rivelando, in tal modo, quanto meno perplessità circa il carattere di "novità" della legge impugnata. Le modifiche apportate in sede di riesame incidono anche su disposizioni totalmente estranee alle osservazioni governative, e, quindi, non interessate dal rinvio, come dimostra l'esame comparativo del testo originario e di quello attuale. È sufficiente, in proposito, osservare che in quest'ultimo sono aggiunte nuove disposizioni quali quelle di cui all'art. 30, contenente la disciplina del personale dell'Ente regionale per lo sviluppo agricolo della Puglia (ERSAP), che non figuravano nel testo originario. Altre, per converso, risultano soppresse (v. i commi 5 e 6 dell'art. 37, concernenti il trattamento economico attribuito al personale che chiede di essere collocato a riposo; o il comma 4 dell'art. 27 sul trattamento di missione del personale in servizio presso i gruppi consiliari; o le norme sull'Avvocatura regionale di cui all'art. 33). Il nuovo testo, inoltre, all'art. 12, estende gli ambiti di operatività delle attività regionali alla (protezione civile) e alla (tutela e sviluppo del patrimonio forestale), non comprese nel testo originario. Quanto all'approvazione degli atti di organizzazione, con i quali si sostituisce il precedente assetto organizzativo, l'art. 14 del nuovo testo la attribuisce alla competenza della Giunta, previa acquisizione del parere favorevole della Commissione consiliare competente, che si assume come favorevole trascorsi trenta giorni dalla ricezione delle proposte predisposte dai dirigenti coordinatori di Area, mentre, a norma del vecchio testo dell'art. 14, la relativa competenza era posta direttamente in capo al Consiglio regionale. Sempre in materia di competenze della Giunta, ad essa l'art. 16 demanda la istituzione, su proposta dell'assessore competente, di settori, uffici e servizi, mentre il vecchio testo prevedeva la competenza del Consiglio, su proposta della Giunta per i settori, uffici e servizi di questa, e su proposta dell'ufficio di presidenza del Consiglio stesso per quelli facenti capo ad esso. Ed ancora, all'art. 19 del nuovo testo, scompare, quanto agli incarichi dirigenziali, il limite numerico di duecentoventi, di cui al precedente te sto, sostituito da quello (corrispondente alle strutture di massima fissate negli atti di organizzazione). Il comma 1 dell'art. 28 prevede, poi, che la dotazione organica del ruolo unico regionale sia definita con legge, anzichè con regolamento, come stabilito dal testo originario, e il comma 2 dello stesso art. 28 dispone la scadenza biennale, anzichè quella triennale di cui al vecchio testo, per la periodica ridefinizione della pianta organica. L'art. 38 fissa l'indennità di funzione per i dirigenti in fase di prima applicazione della legge e sino alla data di sottoscrizione del contratto nazionale, mentre il corrispondente art. 41 del vecchio testo la determinava sino alla data di entrata in vigore della legge regionale di recepimento (del prossimo contratto collettivo per l'area dirigenziale). Infine, tra le disposizioni abrogate dalla legge in esame, l'art. 41 colloca la legge regionale n. 16 del 31 dicembre 1991 (Adeguamento alle disposizioni di cui al decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37. Elevazione dei limiti di età per il collocamento a riposo dei dirigenti della Regione Puglia), che non figurava tra quelle abrogate dal corrispondente art. 45 del testo originario. L'anzidetta serie di elementi "nuovi", introdotti in sede di riapprovazione della legge, comporta la "novità" della legge stessa, non essendo possibile operare una scissione o differenziazione del controllo delle singole norme (a seconda del contenuto sostanzialmente immutato o delle parti nuove) della legge regionale, necessariamente unitaria quanto al regime del controllo stesso. In definitiva, la Regione, quando introduce, in sede di riapprovazione in conseguenza del rinvio di una legge, elementi aventi carattere di novità, si assoggetta a una possibilità di esercizio, da parte dello Stato, di una nuova procedura ai sensi dell'art. 127, terzo e quarto comma, della Costituzione. Alla stregua delle suesposte considerazioni, nel caso di specie questa Corte non poteva essere adita ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, non versandosi nella fase conclusiva dell'iter di formazione dell'atto normativo. Il Governo, prima di promuovere la questione di legittimità costituzionale, doveva, ravvisandone i motivi -come in realtà è avvenuto, secondo quanto risulta dall'anzidetto conflitto sollevato dalla Regione Puglia -dar corso al rinvio della legge al Consiglio regionale affinchè quest'ultimo, a norma dello stesso art. 127 della Costituzione, fosse posto nella con dizione di procedere al suo riesame.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia riapprovata il 21 febbraio 1995 (Norme in materia di riorganizzazione regionale), sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento agli artt. 97 e 117 della Costituzione, in relazione, quest'ultimo, agli artt. 30, 31 e 32 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 31/10/95.